La Magnifica Fabbrica
L’ambito individuato, marginalizzato dai processi della deindustrializzazione e dalla perdita della identità di luoghi della produzione, sollecita strategie di riparazione territoriale e, per quanto possibile, il rafforzamento ecosistemico. L’idea progettuale è stata improntata al tema della connessione, immaginando la nuova Magnifica Fabbrica come un dispositivo di interazione di parti dove i vuoti e i pieni urbani attivino reti di collegamento osmotiche tra spazi pubblici e attività riservate.
Gli indirizzi si possono sintetizzare in alcuni punti:
- Conservare e confermare la geografia insediativa dell’impianto storicamente riconducibile all’urbanizzazione industriale.
- Lavorare a livello distributivo sui concetti di fluidità, movimento e collegamento che favoriscano permeabilità e scambio.
- Connettere il parco della Lambretta al nuovo hub con un sistema integrato di mobilità leggera che estenda la dotazione di servizi per il tempo libero alla copertura verde del nuovo complesso.
- Sviluppare i contenuti della città pubblica attraverso il disegno di un parco tematizzato e il recupero delle testimonianze simboliche, re-iniettandole di nuovi significati e finalità.
- Ricercare una cifra compositiva unitaria delle nuove volumetrie della fabbrica contro la
frammentazione e la dispersione percettiva, favorendo la sua resilienza e sostenibilità sia nel consumo più controllato del suolo che nell’efficientamento energetico per configurazione morfologica. - Caratterizzare in chiave ecosistemica l’intervento a partire dalla mitigazione introdotta dalla copertura del complesso produttivo, reinterpretata come vero ambito di rinaturalizzazione.
- Improntare le scelte insediative e funzionali alla salvaguardia degli effetti connessi al rischio idraulico e alle mutazioni climatiche.
- Individuare una soluzione tipo-morfologica che risulti efficace e adattabile ad ambedue gli scenari ipotizzati dal programma.
Il progetto: muoversi, lavorare, incontrarsi
Il nuovo hub
Il complesso è pensato come struttura morfologicamente solida e unitaria. Una piattaforma funzionale articolata come metafora del tessuto urbano composto da strade, percorsi, spazi di lavoro e di servizio, corti verdi aperte all’aria e alla luce. L’impianto è organizzato su una maglia strutturale modulare che è matrice di tutto il sistema e lo ottimizza in termini di costi e semplificazione esecutiva. Il sistema è sollevato dal suolo su un podio che rafforza l’impatto compositivo, ottimizza le attività di logistica, concorre alla minimizzazione degli sbancamenti del terreno, alla gestione dei rischi esondativi e alla laminazione delle
acque meteoriche attraverso vasche individuate nel plenum basamentale. Le destinazioni produttive hanno diretto rapporto con la viabilità di servizio ai lati della struttura. L’accesso principale è collocato su via Rubattino dove sono previste le attività di accoglienza e le funzioni di interazione con l’esterno. Questa sezione è direttamente collegata alla sequenza delle aree di produzione organizzate su un asse distributivo nord-sud. I percorsi sono “punteggiati” da ampie corti verdi che contribuiscono alla illuminazione naturale e
costituiscono necessarie pause visive e percettive. L’altezza differenziata delle destinazioni funzionali è uniformata dall’involucro unitario; ne deriva una composizione di facciata tripartita: la parte basamentale del podio, il segmento principale il cui rivestimento di facciata predispone una intercapedine percorribile ed ispezionabile, la linea di copertura segnata dalla presenza percepibile della componente vegetale. Dal piano di copertura emergono - quasi landmark territoriali - i soli volumi per i quali sono richieste altezze superiori.
In termini di distribuzione dei flussi, il piano terra è riservato alle attività produttive, mentre l’accessibilità per i visitatori esterni è risolta da percorsi aerei senza interferenze con la logistica e la sicurezza dei luoghi di lavoro. L’intercapedine generata tra piano copertura e le differenti volumetrie è destinata a plenum tecnico. La copertura costituisce un dispositivo in termini ambientali e paesistici, ed è concepita come vero e proprio parco, fruibile autonomamente, ma riconoscibile. Un percorso-loop pedonale e ciclabile, di forte
impatto e riconoscibilità, lo attraversa con un tracciato sinuoso mettendo in connessione interno ed esterno. Questo anello attraversa gli altri comparti dell’intera area e, sfruttando l’impianto container, raggiunge la quota del nuovo parco Lambretta aggregando le funzioni individuate nel Palazzo di Cristallo.
Il deposito dei containers
Il progetto concentra questa destinazione nell’ambito 1A. Questa scelta consente di sviluppare un sistema di stoccaggio a tunnel conforme alla movimentazione a carroponte indicata dal bando, concentrando e ottimizzando la gestione di tutte le attività connesse, permettendo la sostanziale adattabilità del progetto ai due possibili scenari di bando. I containers costituiscono il vero e proprio “archivio storico” della produzione nel tempo. Per questo motivo e in ragione delle problematiche idrogeologiche e climatiche, il progetto ne ipotizza ampie porzioni con piano di stoccaggio rialzato dal terreno. La superficie libera a terra è destinata alla movimentazione, a servizi e a parcheggio per i dipendenti, eliminando invasive soluzioni a cielo aperto. Il nuovo fronte preserva una permeabilità visiva ed ecosistemica in prossimità della Torre dell’Acqua e della porzione prospiciente il Palazzo di Cristallo garantendone la piena visibilità lungo il percorso viario.
Il parco della Lambretta
Cuore dell’ampliamento del parco è l’antico capannone industriale, qui inteso come altra polarità di ambito e necessario “contrappunto” della nuova Fabbrica. L’idea si fonda sulla sua conservazione secondo la tecnica di soft-repairing dove il rispetto per il passato non pregiudica il dialogo con la contemporaneità conservando la memoria senza monumentalizzarla e salvaguardando il forte e caratterizzante segno territoriale. La struttura incentiva funzioni attrattive ad ampia scala urbana per evitare la sua progressiva marginalizzazione. L’ipotesi si orienta prevalentemente verso attività ludiche e sportive, con spazi flessibili per la cultura della comunicazione, cinema e teatro.
Il giardino naturale della Magnifica Fabbrica
Progettare un parco ai margini della città, in un’area lasciata allo stato di abbandono, stimola la riflessione sul rapporto tra le attività antropiche e la forza della natura, che emerge dalla densa e varia colonizzazione vegetale del sito, vero social network botanico vivente. La visione proposta mira alla valorizzazione e alla ripetizione del modello naturale pensando al giardino non solo con uno sguardo alle piante ma con attenzione per la comunità di tutti gli esseri viventi che la costituiscono assumendo alcune priorità:
- Valorizzare il patrimonio verde esistente.
- Economizzare le risorse.
- Utilizzare specie utili alla fauna.
- Utilizzare gli elementi già presenti in loco.
- Conservare una selezione della vegetazione spontanea, da integrare.
- Difendere l’idea che le piante ci rendono dei servizi.